L’IMPATTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 SUI CONTRATTI A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE

L’IMPATTO DELL’EPIDEMIA DA COVID-19 SUI CONTRATTI A PRESTAZIONI CORRISPETTIVE

Si pone il problema di vagliare l’impatto dell’epidemia da COVID-19 sui contratti a prestazioni corrispettive, quali ad esempio i contratti di locazione in essere al momento della diffusione, ed in particolare analizzare dettagliatamente l’intervento normativo posto in essere dal Governo, nel caso specifico, con lo strumento della decretazione d’urgenza pubblicato in questi giorni in Gazzetta Ufficiale.  L’art. 91 del D.L. 18/2020 del 17.3.2020 stabilisce che il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata al fine dell’esclusione ai sensi dell’art. 1218 e 1223 c.c. della responsabilità del debitore anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti”. Procedendo nell’interpretazione sistematica della norma, emergono le seguenti considerazioni.  Laddove detta disposizione venisse convertita in legge, senza che fossero apportate modifiche, se ne dovrebbe ricavare che il legislatore non abbia voluto riconoscere al rispetto delle misure di contenimento, da parte del debitore, il profilo di causa di impossibilità sopravvenuta non imputabile di esecuzione della prestazione convenuta, che altrimenti ai sensi dell’art. 1256 c.c. avrebbe estinto o almeno sospeso l’esecuzione della prestazione.  Il legislatore d’urgenza avrebbe potuto richiamare espressamente la disciplina dell’art. 1256 c.c., ma così non è stato, avendo optato per ricondurre tale fattispecie alle ipotesi disciplinate dagli articoli 1218 e 1223 c.c. E’ opportuno ricordare che l’ordinamento, all’art. 1218 c.c. non riconosce al creditore una azione tipica di adempimento, ma una tutela risarcitoria. L’ordinamento civilistico quindi, ordinariamente, non riconosce al creditore la pretesa all’adempimento, bensì riconosce il diritto ad ottenere l’equivalente monetario (per la mancata controprestazione), ferma l’estinzione dell’obbligazione in caso di comprovata impossibilità di esecuzione dello stesso per causa non imputabile. L’art. 91 sopra riportato, quindi, deve interpretarsi nel senso che è rimessa alla discrezionalità del Giudice civile la valutazione riguardo all’effettiva impossibilità ad eseguire la prestazione, da valutarsi anche in ossequio al rapporto di causalità come disposto dall’art. 1223 c.c. Si può presumere che l’onere di provare detta condizione, che l’art. 1218 c.c. pone in capo alla parte inadempiente, al fine di non vedersi addebitata la colpevolezza della condotta omissiva, sia più agevole nell’ipotesi in cui l’attività d’impresa correlata alla obbligazione assunta rientri fra quelle per cui era vietata la prestazione (perché ritenuta non strettamente necessaria) dalle misure di contenimento prese per il contenimento dell’epidemia, mentre potrebbe rivelarsi più difficoltosa nel caso in cui l’attività non fosse stata impedita (perché ritenuta necessaria), ma l’inadempimento possa essere correlato/causato dalle difficoltà solo indirettamente collegate all’esecuzione delle misure di contenimento approvate. Si può facilmente prevedere che la scelta operata dal legislatore – che non ha inteso richiamare espressamente la fattispecie disciplinata dall’art. 1256 c.c. – porterà alla insorgenza, sul punto, di una elevata conflittualità fra le parti, destinata a trovare soluzione probabilmente, solo nelle aule giudiziarie.

 

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